1939-2019: Gruorn, la strana guerra di mio padre


Gruorn non è importante per quello che c'è. E' in quello che non c'è più, che risiede il suo fascino. Perchè Gruorn nel 2019 sarà da ottant'anni simbolo:

  1. di esistenze, a cui un giorno venne comandato di andarsene senza riserve e senza ritorno;

  2. di una comunità, che si è dovuta disperdere perchè i suoi membri potessero sopravvivere;

  3. della fiducia calpestata per inimmaginabili e non condivisibili ragioni di stato.

Anche sulla lieve altura di Gruorn, a ridosso di Münsingen, appare già da lontano ciò che ci si aspetta da un piccolo paese della Germania danubiana: la chiesetta; il cimitero; la scuola, magari adibita anche a municipio; la stradina principale che si dirama qua e là fino a disperdersi nel verde. Sembra una cartolina quello che già da lontano si può vedere, e che sembra voglia invitare a sé chiunque passi da lì. Ma da lì non passa più nessuno. Non per caso, almeno.                                                               
Perchè lì – dove fra gli arbusti spuntano tetti e camini e dall'erba fanno capolino piastrelle da giardino e scalini di case distrutte – bisogna
voler venire. E, quando si è arrivati, bisogna esser pronti a procedere rigorosamente sulle uniche vie per le quali è lecito farsi introdurre nei ricordi: le molte altre, misteriose stradine che escono dalla via principale vanno evitate, e la curiosità trattenuta. Se si vuol uscirne vivi.

 La buona, fertile terra, intorno a Gruorn copre infatti ancora innumerevoli e tragicamente inospitali mine antiuomo, nonchè le tante, indelebili lacrime di quei 650 abitanti ai quali, nonostante le numerose petizioni, non fu dato che si impedisse l'evacuazione e la successiva distruzione del paese attraverso fuoco amico.

Lo raccontano, questo, la stessa chiesetta bianca, che dalla cima del colle sembra mandare messaggi di pace e di accoglienza, e nel suo interno ha imparato a raccogliere ogni fede e ogni voto a Dio; le tombe del piccolo cimitero antico raccolto attorno ad essa e datate - sulle loro croci di ferro battuto - non oltre il 1939; l'edificio scolastico, oggi in parte  'Cafeteria'; la grande quercia, punto di riferimento di quella che fu la strada principale.

Questa è ormai la topografia di Gruorn, evacuato dall'armata tedesca e poi da questa stessa usata per esercitazioni di
guerra. Qui, in quel di Münsingen, stazionò mio padre solo un lustro più tardi come pioniere della Divisione Monterosa. Nato e cresciuto all'estero, parlava a malapena l'italiano e per niente il tedesco. Seppe mai di Gruorn? Probabilmente
no: dopo cinque anni Gruorn era certo già rasa al suolo e resa anche più invisibile dal silenzio della campana della piccola chiesa; inoltre mio padre si esercitava più che altro con gli ingegneri tedeschi a costruire ponti di legno sul Danubio, per poi farli saltare. 

Gruorn fino al 1939
Ma se l'avesse saputo, avrebbe riconosciuto la crudeltà di chi gli stava intorno e avrebbe considerato la propria situazione in modo molto diverso. Invece si innamorò di Münsingen per i prugneti che si affacciavano sulla strada e per le gentili famiglie che invitavano i giovani soldati a prendere il caffè da loro. Se avesse saputo, non si sarebbe fidato e quindi affidato come fece. Ma forse fu meglio così: lì passò i soli mesi tranquilli della sua gioventù. Dopodichè

  1. dovette firmare l'appartenenza alla Repubblica di Salò, senza neppur sapere cos'era, er poter tornare in patria,

  2.  scopriva che prima doveva raggiungere con la sua compagnìa la Garfagnana, per combattere, vincere e infine perdere contro gli americani, definiti aggressori'; 

  3.  riuscìva a malapena a sopravvivere alla vergognosa prigionia di Aversa, e uscirne senza la dignità del congedo militare, perchè dichiarato fascista - e quindi indegno di trovar lavoro - da un partigianato comunista che ormai dettava legge e si era arrogato il potere di giudicarlo e penalizzarlo senza processo. Cosa che peraltro avevano già fatto i partigiani albanesi due anni prima, mettendolo al muro solo per l'uniforme che indossava. Allora era stato il parroco a farli rinsavire e a salvarlo, ma ad Aversa non c'era nessuno; 

  4. Tappo mina antiuomo 2.Guerra mondiale

    così si trovava costretto a guadagnarsi il pane come sminatore a Marzabotto,  rischiando così la vita anche in tempo di pace. 

Solo dopo tutte quelle inutili traversìe gli fu dato di vivere quel poco di gioventù che gli era rimasta. 

E infine, inaspettatamente, arrivò anche il tempo in cui tutti i soprusi, le angherie, le offese, le limitazioni di ogni genere - imposte da un'Italia diventata prigioniera non più del fascismo ma di un partigianesimo arrogante, esclusivista, discriminante e mai contrastato fino alla fine del secolo - vennero spazzati via in un sol colpo dal riconoscimento ufficiale della dedizione alla patria e della convinzione di servirla anche da parte di chi, come mio padre - classe '23 e vissuto sempre all'estero - era stato reclutato non dal re ma da Mussolini. Come se la cosa avesse mai fatto la differenza, visti la notoria mancanza di autorevolezza del re e il suo continuo piegarsi alla volontà del dittatore.

Sennonchè era il 2002, ovvero troppo tardi: la morte, che in guerra può diventare un risolutivo 'libera tutti!' - e che mio padre invece aveva solo incontrato ed evitato tante volte per un soffio - era venuta a prenderselo all'improvviso in una tranquilla sera del maggio del 1999 - che era anche, incredibilmente, il sesto anniversario della fine di Gruorn.  

Quasi a ricordare che lui apparteneva solo a quel secolo e alle sue ingiustizie: le stesse che avevano ferito Gruorn al cuore, e da cui entrambi erano però risorti come l'Araba Fenice dalle proprie ceneri. Riguardo a loro il Duemila non aveva ormai da giudicare più nulla. Aveva solo da imparare.  

off limits



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